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CGIL: REFERENDUM COSTITUZIONALE COMUNICATO

E' ormai sotto gli occhi di tutti quanto questa campagna abbia assunto toni e metodi discutibili tanto da attaccare chi, nella propria autonomia e con i propri organismi, si pronuncia - come in altre simili occasioni - a pieno titolo nel merito della riforma.

cgil-voto-no-300x300-115/11/2016 – La Cgil lo ha scritto nelle tesi congressuali del 2014 (ma anche in quelle del 2006), e in un documento approvato dal direttivo nazionale nel 2013 (e perfino in uno del 2001) che era favorevole al superamento del bicameralismo paritario e alla trasformazione del Senato in una Camera rappresentativa di Regioni e Autonomie locali, che la riforma del Titolo V, operata nel 2001, andava rivista perché alcune materie (non tutte) affidate alla legislazione concorrente sarebbe stato meglio fossero di competenza statale. Lo ha scritto nel 2013 e nel 2014 che auspicava una riforma dell’istituto referendario e un allargamento degli strumenti di partecipazione dei cittadini, e che riteneva necessaria l’istituzione delle Città Metropolitane e una riforma degli enti locali finalizzata a creare un sistema integrato dei livelli istituzionale in cui fossero chiari e definiti i ruoli di Regioni, enti di area vasta e comuni.
La Cgil ha discusso, votato e approvato i documenti citati, frutto di un’elaborazione di merito sviluppatasi nel corso degli anni. E a partire dalle posizioni espresse in questi documenti, la nostra organizzazione ha affrontato fin dal primo giorno il dibattito sulla riforma costituzionale, oggi oggetto di referendum confermativo, stando al solo merito delle proposte avanzate, senza alcun interesse e attenzione per le personalizzazioni in corso.
Ne sono testimoni il Ministro Maria Elena Boschi e il Governo tutto, alla cui consultazione, promossa in occasione della presentazione della prima bozza del 12 marzo 2014, abbiamo risposto nel merito delle proposte avanzate.
Ne è testimone il Presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato, Anna Finocchiaro, che ci ha ricevuto, con la Commissione tutta e lo stesso Ministro per le Riforme, in audizione il 24 aprile del 2014.
Ne è testimone l’ufficio di Presidenza della Commissione Affari Costituzionali della Camera, cui inviammo una memoria scritta con le nostre successive considerazioni maturate nel corso dell’iter legislativo seguito dalla riforma.
Ne sono testimoni le migliaia di lavoratrici e lavoratori che sono stati protagonisti delle tante assemblee e dibattiti organizzati per informare e discutere della riforma in attuazione di quanto disposto dal documento di merito approvato dal direttivo nazionale il 24 maggio di quest’anno, a iter della riforma concluso, e in seguito alle quali è stato approvato l’ordine del giorno che, in ragione di tutte le criticità di merito espresse, ha dato indicazione di votare NO, ferma restando la libertà di posizioni individuali.
Il Senato non potrà essere rappresentativo di Regioni e Autonomie in modo efficace per la sua composizione e per le funzioni che gli vengono attribuite (poco incisive sulle materie che hanno una ricaduta sui territori) che non gli consentiranno di essere luogo di cooperazione istituzionale tra Stato, Regioni e Comuni dove poter realizzare una visione plurale dell’interesse pubblico.

Il procedimento legislativo, per come è articolato, sarà più complesso e incerto di quello attuale.
Il Titolo V opera una centralizzazione eccessiva delle competenze senza lasciare uno spazio garantito di autonomia alle Regioni volto a favorire processi di innovazione e sperimentazione capaci di rispondere alle esigenze specifiche del singolo territorio… salvo che per le Regioni a Statuto Speciale e per quelle in equilibrio di bilancio. Si scrive centralizzazione, si legge disuguaglianze sociali.
Gli strumenti di partecipazione dei cittadini, ad eccezione del “quorum mobile” per i referendum abrogativi, sono solo annunciati, così come il sistema di garanzie per opposizioni e minoranze, mentre si consegna al Governo la possibilità di dettare l’agenda parlamentare con l’istituto del “voto a data certa”.
È prima di tutto una questione di coerenza di sistema. E questa riforma, a nostro giudizio, non ne ha.
Ringraziamo gli amici del ‘Comitato Basta un Sì’ per averci dato l’occasione di ripercorrere brevemente il percorso di dibattito ed elaborazione svolto dalla nostra organizzazione in questi anni, un percorso caratterizzato, come potrete leggere, dalla volontà di stare al merito delle proposte avanzate. E si sa, se si sta al puro merito, soprattutto di un tema tanto complesso come l’assetto istituzionale di un Paese bello e complicato come il nostro, non ci si può fermare ai soli titoli.

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