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CGIL AREZZO: No alla supertassa sui permessi di soggiorno. Il lavoro non ha colore

La Cgil raccoglie firme contro la decisione del Consiglio di Stato e l'Inca avvia azioni legali
11 ottobre 2016

Il Consiglio di Stato, su richiesta del Governo, ha sospeso la sentenza del Tar del Lazio con la quale era stato cancellato l’ulteriore contributo, che va dagli 80 ai 200 euro, sul rilascio e il rinnovo dei permessi di soggiorno. “ Pagare le tasse è un preciso dovere morale – commenta Tall Abdullaye, Responsabile ufficio migranti della Cgil di Arezzo. Ma, nello stesso tempo, bisogna affermare che questo dovere morale deve rispondere al principio di equità misurata da parametri oggettivi e soggettivi”. Per questo Cgil e patronato Inca si rivolgono ai cittadini chiedendo una firma per sostenere la protesta contro l’ulteriore contributo sui permessi di soggiorno. “I migranti regolarmente presenti in Italia – ricorda Tall Abdullaye – devono avere requisiti molto selettivi ed è quindi incomprensibile essere tassati per un dovere che viene richiesto dallo Stato e cioè la verifica dei requisiti di regolarità che si realizza con la presentazione della pratica di rinnovo del titolo di soggiorno. La stessa Corte di Giustizia europea ha riconosciuto le ragioni di questo ricorso e successivamente il Tar del Lazio ha abolito questa ingiusta tassa introdotto nel 2012“.

Non è la prima volta che il diritto dei lavoratori stranieri si trova ad essere rivendicato davanti alla Corti dei Tribunali anziché diventare prassi corrente nella stesura delle leggi e nelle azioni del Governo, precisa il Direttore Giancarlo Gambineri: anche nel caso del provvedimento che ha dato attuazione al SIA (“Sostegno per l’Inclusione Attiva”) il patronato INCA CGIL si è  trovato costretto a dare mandato ai propri legali perché questo fosse impugnato. Si tratta di una misura di contrasto alla povertà che prevede l’erogazione di un  beneficio economico alle famiglie in condizioni economiche disagiate nelle quali almeno un componente sia minorenne oppure sia presente un figlio disabile o una donna in stato di gravidanza accertata. Il legislatore ha infatti completamente ignorato le numerose Sentenze delle Corti Europee e dei Tribunali italiani che in tema di prestazioni assistenziali hanno riconosciuto il diritto di accesso anche agli stranieri, titolari di permesso di soggiorno di almeno un anno. Ancora una volta il diritto dei lavoratori stranieri si trova ad essere rivendicato davanti alla Corti dei Tribunali anziché diventare prassi corrente nella stesura delle leggi e nelle azioni del Governo “.

Al tema dei diritti dei lavoratori immigrati è interessata l’intera Cgil ma una categoria, quella delle costruzioni, lo vive in modo particolare. “Nel nostro settore – ricorda Ector Xhemalai, dirigente della Fillea provinciale – la presenza dei lavoratori stranieri è strutturale e storica: siamo al 17% del tortale della forza lavoro. Nell’edilizia italiana gli immigrati sono vittime di segregazione occupazionale, discriminazione, ricatto il 55% dei lavoratori stranieri ha la qualifica di operaio comune, contro il 28% degli italiani; gli specializzati stranieri sono il 13%, a fronte del 36,5% italiano“.

Alessandro Mugnai, Segretario provinciale della Cgil,esprime la preoccupazione dell’intera confederazione: “il numero dei lavoratori stranieri nella provincia di Arezzo diminuisce fortemente: tra il 2014 e il 2016 un calo di oltre il 14%. Si è passati da 15534 dipendenti equivalenti a 13549 del 2016, certo i dati del 2016b sono in corso di definizione, solo a fine anno saranno definitivi, ma il trend è già evidente. In termini di nuove assunzioni si passa dalle 1212 del 2014 alle 538 del 2016, un calo che è presente in tutti i settori.

Quello che non cambia è la distribuzione della loro presenza per tipologia di azienda: sono le microaziende ad esserne il datore di lavoro per il 90%. Microaziende che sono anche i luoghi di minore tutela del lavoratore e anche maggiormente a rischio per quanto riguarda il rispetto di norme di tutela e sicurezza. 

La Cgil ritiene che il lavoro non abbia né colore né etnia: vogliamo quindi tutelare i lavoratori migranti. Spesso ci si dimentica di rendere evidente il positivo apporto che questi producono in termini di valore aggiunto nel Pil e per la contribuzione nei bilanci del nostro sistema previdenziale. I lavoratori provenienti da altri Paesi sono una parte importante dello sviluppo economico, sociale e culturale, sia come lavoratori dipendenti, autonomi o parasubordinati, sia come imprenditori. La nostra posizione è netta: il lavoro non ha colore, etnia, lingua o religione. Il lavoro è lo strumento di contribuzione alla crescita della comunità nazionale”.

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