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“Lavoro nero e caporalato anche ad Arezzo: regolarizzare gli stranieri in tutti i settori”. L’intervista a Luca Gabrielli

Tra le 4750 vertenze del 2018-2019, il 29% ha riguardato lavoratori stranieri cioè 1370 pratiche di cui 30 relative a denunce di lavoro al nero

Regolarizzazione degli stranieri. Il tema sarà uno dei tanti affrontato nel super decreto atteso per le prossime ore. A livello nazionale sembrano aver trovato l’accordo sui criteri per le regolarizzazioni. Tra chi ha spinto per ottenerle, ci sono le associazioni di categoria dell’agricoltura, ma anche i sindacati.

Ad Arezzo per la Cgil la questione è seguita da Luca Gabrielli del coordinamento migranti della camera del lavoro.

“Questa è una battaglia che per la Cgil viene da lontano visto che sono anni che chiediamo il superamento della legge Bossi-Fini.”

Perché avete fatto pressioni in questa direzione?

“Insieme anche agli altri sindacati e quindi a Cisl e Uil, da inizio marzo abbiamo sollecitato il governo affinché fosse emanato un provvedimento di regolarizzazione dei lavoratori stranieri sprovvisti di permesso di soggiorno. Un provvedimento di questo tipo non solo avrebbe un importante impatto contro il lavoro nero, ma servirebbe anche a ridurre  il rischio di esposizione al contagio e garantirebbe l’accesso alle tutele ed agli ammortizzatori. L’appello della Cgil Toscana, sottoscritto dai responsabili dei Coordinamenti Migranti delle Camere del Lavoro vuole essere un sostegno al confronto in atto a livello nazionale su questo tema.”

Il decreto che l’Italia sta attendendo non andrà forse proprio totalmente in questo senso, ma sarà una regolarizzazione parziale. Perché serve?

E’ evidente che serva per il settore agricolo, ma non solo. Cgil, Cisl e Uil chiedono poi con forza che la sanatoria non sia limitata all’agricoltura. Sarebbe una scelta sbagliata oltre che “opportunistica”, del tipo ci serve da mangiare regolarizziamo chi lo produce e lo raccoglie. La regolarizzazione andrebbe estesa a tutti i settori perché questi lavoratori subiscono il ricatto dell’essere sprovvisti di un regolare titolo di soggiorno, dall’edilizia, al lavoro domestico e di cura, alla ristorazione, al commercio. In tutti i settori la condizione di irregolarità dei lavoratori stranieri alimenta la pratica del caporalato e dell’evasione contributiva e fiscale.”

A livello aretino che scenario avete di fronte? E’ misurabile il lavoro al nero degli stranieri? Quali sono i settori dove sono maggiormente impiegati?

“Per la provincia di Arezzo l’unico dato certo che posso citare è il numero di vertenze che, come Cgil provinciale,  abbiamo aperto e che hanno riguardato lavoratori migranti. Nell’ultimo biennio, 2018/2019  a fronte di un totale di pratiche pari a 4750 il 29 % ha riguardato lavoratori stranieri cioè 1370 vertenze di cui 30 relative a denunce di lavoro al nero. Tanti sono i casi “non statisticabili” a causa delle situazioni intimidatorie e ricattatrici che devono subire questi lavoratori che messi davanti all’opzione di una denuncia rinunciano, spesso, per paura.”

Stranieri che lavorano al nero e anche forme di capolarato sono quindi presenti in provincia di Arezzo?

“Molto spesso, nella nostra provincia, ci sono state denunce di forme di caporalato e di condizioni di lavoro al nero, ma non hanno portato a nessun risultato e questo ovviamente, con il tempo, scoraggia sia i lavoratori stranieri irregolari ma anche, più in generale, tutti lavoratori che si trovano a subire di dover lavorare al nero, portandoli alla rassegnazione di dover rinunciare a denunciare il loro stato di sfruttati.”

Come Cgil sostenete anche i benefici per le casse dello stato di una regolarizzazione.

“A livello nazionale si stima, e il dato non può che essere stimato riguardando il lavoro sommerso, che siano oltre 600.000 i lavoratori irregolari stranieri. Ipotizzando una sanatoria che riesca a regolarizzarne i due terzi considerando un reddito annuo di circa 15000 euro lorde si prefigurerebbe un introito nelle casse dello Stato di solo gettito fiscale, di quasi 900 milioni di euro. Oltre 2 miliardi di contributi previdenziali. I benefici sarebbero tra l’altro destinati a durare nel tempo, visto che, prendendo i numeri relativi alla sanatoria del 2002, questi ci dicono che allora, a fronte di oltre 600.000 regolarizzati, dopo 5 anni l’85% di questi lavoratori risultava ancora impiegato.”

In definitiva che valore dato a una eventuale regolarizzazione degli immigrati?

“Mai come oggi un provvedimento di emersione dall’irregolarità può essere un vantaggio economico e sociale per tutta la collettività, oltre che, ovviamente, un atto di civiltà e di progresso. In questi giorni continuiamo a  recitare il mantra che dopo il covid-19 niente dovrà essere come prima, ecco, siamo già nella fase in cui alle parole devono seguire i fatti. La regolarizzazione dei lavoratori stranieri deve essere un primo passo  per fare in modo di praticarlo il cambiamento e non solo teorizzarlo.”

[Intervista di Enrica Cherici di ArezzoNotizie]

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