Su disposizione del ministero dell’Economia passa da 27,50 a 30,46 euro. Per le pratiche relative a una durata di oltre due anni, si paga fino a 230 euro. Cgil e Inca: “Operazione senza pudore. Avviata la campagna di inoltro delle domande di rimborso”
“Con decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze è stato disposto l’aumento del costo del permesso di soggiorno elettronico, che passa da 27,50 a 30,46 euro. Oggi chi lo richiede, ne rinnova la durata, aggiorna o ne chiede il duplicato si troverà, quindi, a versare 110,46 euro per permessi di durata inferiore a un anno, 130,46 per permessi di durata fino a due anni e 230,46 euro per permessi oltre i due anni. È un’operazione senza pudore”. Questo, il commento di Inca e Cgil al decreto pubblicato ieri nella Gazzetta Ufficiale.
“Il governo – sostengono in una nota congiunta Cgil e patronato – è già inadempiente nei confronti delle migliaia di richieste di rimborso dell’ulteriore contributo, a seguito della condanna del settembre scorso da parte della Corte di giustizia europea, e ora, anziché mettere mano alla materia e al costo complessivo di rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno, mostra indifferenza, rincarando l’onere già gravoso per i lavoratori stranieri e le loro famiglie”.
“La sproporzione – aggiungono – è nell’importo complessivo del costo del permesso, già giudicato eccessivo rispetto alle finalità e alle norme europee, e che grava sulle famiglie di immigrati ogniqualvolta si procede ai rinnovi con durata sempre più breve, e che quindi si ripresentano con maggiore frequenza. Un modo paradossale di fare ulteriore cassa su chi contribuisce in modo cospicuo al bilancio dello Stato, versando tasse e contributi, senza ottenerne uguali diritti e prestazioni corrispondenti”.
“Siamo alla presa in giro – affermano ancora Inca e Cgil – nei confronti degli stranieri, già chiamati a versare somme ingenti, per poi richiederne subito dopo la restituzione, sulla base della sentenza della Corte di giustizia europea, il cui giudizio è vincolante per lo Stato. Un’occasione persa dall’esecutivo per cancellare questa tassa ingiusta, e riportare il costo del permesso di soggiorno a una cifra al pari di quello sostenuto per le altre pratiche della pubblica amministrazione”.
“L’Inca e la Cgil, da tempo e per prime impegnate al contrasto di questa odiosa norma, hanno avviato la campagna d’inoltro delle domande di rimborso – conclude la nota sindacale – e invitano i lavoratori stranieri e le loro famiglie nei propri uffici per ottenere la restituzione di quanto già versato da gennaio 2012, data di entrata in vigore del decreto sull’ulteriore contributo”.
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