Chiudere la Casa delle Culture vuol dire chiudere Arezzo in un piccolo cerchio. Vuol dire sbarrare le porte della città al mondo e alle diverse culture. E’ una scelta pericolosa per la città e, in modo particolare, per le giovani generazioni.
La Cgil di Arezzo sottoscrive quindi la lettera che è stata inviata al Comune di Arezzo da Oxfam e da altre 16 associazioni contestando la scelta dell’Ente di chiudere l’esperienza della Case delle Culture. Non si tratterebbe di una scelta isolata: ricordiamo la storia, a nostro parere poco edificante, del regolamento amministrativo sul commercio e sul decoro ribattezzato “Regolamento anti kebab”.
La conservazione della memoria di una città e dell’identità di una comunità non può essere intesa come un processo conservatore e paralizzante, capace solo di condannare Arezzo al declino economico, sociale e culturale
Arezzo ha bisogno invece di aprirsi al mondo non solo per la vendita dei suoi straordinari prodotti di qualità ma anche per attrarre investimenti. Per far questo è indispensabile che rimanga una città inclusiva, accogliente e capace di integrare persone e culture diverse.
I lavoratori e i cittadini stranieri hanno il dovere di rispettare le leggi del paese che li ospita e per questo luoghi di integrazione e aiuto reale e concreto come la Casa delle culture non devono essere chiusi ma, al contrario, ampliati e maggiormente supportati. Conoscere i propri diritti ed i propri doveri è l’unico antidoto per evitare che questi lavoratori cadano nella mani della criminalità o di italianissimi “imprenditori” senza scrupoli che ne sfruttano il lavoro anche nella nostra civilissima città.
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