Finita l’emergenza Covid, la retorica sull’importanza e sul ruolo cardine della sanità pubblica ha presto lasciato il posto alla narrazione di un sistema pubblico sprecone, inefficiente e inaffidabile.
Lascia, infatti, perplessi percepire con quanta facilità si sostenga oggi la necessità di aprire nuovi spazi al privato, motivando questa indicazione con la necessità di rendere più efficiente il sistema pubblico, di razionalizzare le spese ed evitare quelle inutili. Si sostiene che l’urgenza di aprire a investimenti privati, anche mediante il ricorso al partenariato per la realizzazione dei lavori (come l’ammodernamento dell’ospedale San Donato di Arezzo), crei le condizioni per impedire le ingiustizie sociali.
Consapevoli che il Servizio sanitario pubblico sia in sofferenza a causa del costante definanziamento del fondo sanitario nazionale e che i tagli previsti dalla finanziaria aggraveranno la situazione (sono i fulcri delle mobilitazioni della Cgil del 7 ottobre e dello sciopero del 17 novembre), ma dare ancora più soldi alla sanità privata accreditata a risorse invariate non è la via. Ricordiamo che il Fondo sanitario nazionale finanzia sia pubblico che privato accreditato, quindi come giustificare uno spostamento di soldi dal pubblico al privato, se non sostenendo la totale incapacità della pubblica amministrazione nella gestione del capitale pubblico?
In passato, in altri interventi di questa natura, la Corte dei Conti e l’Anac avevano evidenziato quanto fosse sbilanciato il rischio di mercato sulla parte pubblica, tanto da parlare di “una spiccata convenienza per il concessionario”. Infatti il peso del finanziamento di parte pubblica è lievitato, nel caso toscano, passando dal 65% all’80% e la gestione dell’ospedale è divenuta privatistica per i successivi 20 anni.
Il tema delle esternalizzazioni e delle opere pubbliche e dei servizi è da sempre all’attenzione della Cgil, per la necessità di garantire le giuste tutele ai tanti lavoratori e alle tante lavoratrici che operano nel settore dei servizi esternalizzati, sia dei settori pubblici che di quelli privati. Grazie alle mobilitazioni e alle rivendicazioni, oggi nelle gare d’appalto vengono riconosciuti i trattamenti dei contratti collettivi di riferimento e vengono fissate clausole sociali che garantiscono il mantenimento non solo dell’occupazione, ma anche delle condizioni di lavoro per i lavoratori coinvolti nei passaggi d’appalto tra un’azienda e l’altra (orario, trattamento economico accessorio, anzianità, inquadramenti, etc.). Nella finanza di progetto pubblico-privato, queste tutele non costituiscono un automatismo per i servizi la cui gestione, all’interno del partenariato, remunera l’investimento dell’operatore privato. Questi servizi, infatti, possono essere liberamente affidati a terzi senza alcun vincolo, attraverso il sistema dei subappalti di tipo privato.
Riteniamo che per presidiare queste procedure sia indispensabile una pubblica amministrazione forte, in grado di controllare e governare i processi. Ma una volta perso il know-how come si potrà rispondere a questa fondamentale esigenza?
La Cgil non ritiene, quindi, concluso il dibattito e presidierà il tema, affinché le scelte dei decisori non siano orientate solo alla riduzione lineare della spesa pubblica, scaricando, come spesso accade, il costo di queste operazioni finanziarie sul lavoro e sulla qualità dei servizi offerti ai cittadini.
Comments are closed here.