FESTE LAVORATIVE: UN BRUTTO OSSIMORO CHE PRENDE SEMPRE Più VIGORE!
Si avvicinano nuove festività, i 1 novembre e l’8 dicembre, giorni che per alcuni saranno di festa, per altri invece di lavoro. Così come è il 25 aprile si è celebrata la liberazione del nostro paese dal sopruso nazifascista; una volta avremmo potuta chiamarla festa della liberazione… ma oggi questo sembra difficile da fare: non c’è la festa e, ahimè, si è annacquata la liberazione. Così come il primo maggio, festa dei lavoratori, che ai tempi del jobs act potremmo chiamarla “festa ai lavoratori”, il 2 giugno, festa della Repubblica, e il ferragosto…!
Partendo dal presupposto che una società, uno Stato, fonda la propria esistenza su elementi e valori comuni, oggi si può constatare come esista un tutti contro tutti dove sta svanendo qualsiasi minimo comune denominatore!
In questo contesto, scialbo e desolante, si inserisce il caso del lavoro festivo, o meglio, il caos delle aperture festive! E’ vero, ci sono categorie che da anni, da sempre, lavorano nelle festività, si vedano ospedali, forze di polizia, bar, hotel, ma mentre i primi forniscono un servizio di primaria importanza, pubblico e necessario, 24 ore su 24, i secondi addirittura “vivono”, basano la propria esistenza, l’essenza del loro essere, proprio nell’esercizio della propria attività nel tempo libero. Se non ci fossero festività, ponti, domeniche libere dal lavoro, difficilmente la gente potrebbe viaggiare, visitare nuovi luoghi e, quindi, usufruire di tali servizi, che sarebbero costretti alla chiusura (e in effetti, purtroppo, molti lo sono)!
Da qualche anno, grazie soprattutto allo scellerato decreto “salva italia” di monti, scritto volutamente in minuscolo, si è aperta la strada, tramite la totale deregulation degli orari, all’apertura selvaggia di tutti i centri commerciali… nemmeno fossero presidi sanitari, forze di polizia o attività ludiche delle quali usufruire nel tempo libero! Così alla messa si è sostituita la fila in gastronomia, al museo il flacone del detersivo, alla passeggiata nei boschi il ritiro dello scontrino alla cassa!
Come ben si capisce, questo fatto impoverisce drammaticamente l’intera società, che come valore comune oggi sembra avere solo il consumo, pazzo e sfrenato, senza freni inibitori e, soprattutto, senza soldi! Perché qui viene la prima nota dolente: i soldi sono pochi, e quindi la tanto sbandierata crescita dei consumi non avviene, se non cannibalizzando quelli che si sarebbero fatti in altri giorni e, magari, in altri esercizi! Ma il fatto ancor più drammatico è dato dallo sconvolgimento che tutto ciò comporta sulle vite di persone e famiglie, considerato che la stragrande maggioranza di chi lavora nel commercio sono donne, con il carico familiare che tutti noi ben conosciamo! Pertanto, è sgradevole, avvilente, disgustoso, mortificante vedere come oggi, in giornate che dovrebbero essere di festa, libertà, riposo, aggregazione, e tanto altro, la grande e piccola distribuzione (tranne alcune mosche bianche) decidano di starsene aperte.. costringendo al lavoro i propri dipendenti, spesso senza alcuna maggiorazione o recupero compensativo, in nome non di qualche dio ma solo di qualche spicciolo!
E non venite a dirci, bè, ci sono le regole e quindi i riposi si turnano, i soldi si pagano, et etc… perché allora non si conosce nè il settore, nè il paese: a fronte di regole a volte pure rigorose, mancano controlli e, soprattutto, la volontà datoriale di rispettarle… Andate a chiedere alle lavoratrici, e ai lavoratori, di alcune sigle della grande distribuzione, magari quelle low cost, dove i “low” sono per i clienti e i “cost” sono per i lavoratori.. vedrete che le loro risposte non combaciano col vostro pensiero!
E tutto ciò succede specialmente dove, volenti o nolenti, manca una presenza sindacale e più forte è l’individualismo, il tutti contro tutti, il “divide” dove “impera” il datore di lavoro (italiano ma magari pure made in china)!
Per questo il 1 novembre come l’8 Dicembre, oltre che di riposo, la festa dovrebbe essere – come il 25 aprile – un giorno di liberazione… dal pensiero unico: economico, che vede come legittimo solo una parte di interessi, e chi gli si contrappone è un eversore; politico, dove da ultimo il jobs act permette di fare il contrario di ciò che promette e, soprattutto, socioeconomico, perchè oggi, come ieri dopo la guerra, la gente è costretta, sia per miopia, egoismi e ignoranza proprie, sia per bisogno, ad accettare condizioni spesso fuori dalla legalità e dal rispetto di quei valori fondamentali per cui lottarono – e morirono – milioni di persone soltanto settanta anni fa!
Di Marcello Minelli RSU Uniccop Firenze e Membro della Segreteria Filcams Cgil Arezzo
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