Siamo ad agosto e così ci apprestiamo a vivere le nostre ferie estive, che rappresentano un momento di riposo, svago e, oggi più che mai, di riappropriazione del nostro tempo, sempre meno “libero” dagli impegni del lavoro, in un sistema malato in cui chi ha un’occupazione vi è sempre più impegnato, in termini di ore ed energie, mentre chi ne resta fuori, è lasciato sempre più solo e in balia degli eventi.
Partendo dal presupposto che una società, uno Stato, debba fondare la propria esistenza su elementi e valori comuni, oggi si può constatare come esista un tutti contro tutti dove sta svanendo qualsiasi minimo comune denominatore… e la domenica, così come le festività, laiche e religiose, per sempre più persone siano diventate pari a un giorno infrasettimanale, non più di svago, per stare insieme, di riflessione e, perché no, per chi ha il dono della fede, di dedizione a Dio.
Un contesto così scialbo e desolante quello del lavoro festivo, dove se è vero che ci sono categorie che da “sempre” lavorano nelle festività, si vedano ospedali, forze di polizia, bar, hotel, è altresì innegabile come i primi forniscano un servizio di primaria importanza, pubblico e necessario, 24 ore su 24, mentre i secondi addirittura “vivano”, basino la propria esistenza proprio sull’esercizio della propria attività nel tempo libero.
Se non ci fossero festività, ponti, domeniche libere dal lavoro, difficilmente la gente potrebbe viaggiare, visitare luoghi nuovi e, quindi, usufruire di tali servizi, che sarebbero costretti alla chiusura (e difatti, negli ultimi anni, in molti lo sono stati, a causa della recessione in cui siamo caduti e ci stiamo avvitando)!
Da fine anno 2011, soprattutto “grazie” allo scellerato decreto “Salva Italia” del Prof. Mario Monti, è stata aperta la strada, ma forse sarebbe meglio dire l’autostrada, alla totale deregulation degli orari di apertura degli esercizi commerciali… nemmeno fossero questi degli irrinunciabili presidi sanitari o di polizia, o semplici attività ludiche delle quali usufruire nel tempo libero: non più musei, ma file in gastronomia, non più scampagnate o messe ma scontrini alla cassa.
Così facendo si sta drammaticamente impoverendo l’intera società, che come valore comune oggi sembra avere solo il consumo, che vorrebbe essere pazzo e sfrenato, ma che in realtà è pure triste e rassegnato, visto che i soldi sono sempre di meno, e le offerte, quelle della domenica, sono le stesse che ognuno di noi, se solo avesse un po’ a cuore chi in questi luoghi ci lavora, troverebbe il giorno prima o quello dopo.
Tutti noi vorremmo un lavoro più dignitoso, ben remunerato, con orari che ci permettano di vivere, nel vero senso del termine. Eppure, andando a far la spesa durante la festa, diamo il nostro contributo affinché non si ponga fine a un fatto così drammatico per milioni di persone, a cui provoca un grosso sconvolgimento di vita, personale e familiare, specialmente se si considera come la stragrande maggioranza dei lavoratori nel commercio siano donne, peraltro “costrette” spesso a lavorare, senza alcuna maggiorazione o recupero compensativo. E a chi dice che “ci sono le regole”, quindi i turni e riposi sono equi e ben distribuiti, gli straordinari si pagano, et etc., noi rispondiamo che evidentemente non conosce né il settore, né il paese: a fronte di direttive a volte pure rigorose, mancano controlli e, soprattutto, la volontà datoriale di rispettarle…
Se non credete a noi, allora andate a chiedere informazioni alle lavoratrici, e ai lavoratori, di alcune sigle della grande distribuzione, in primis a quelle low cost, dove i “low” sono forse per i clienti, ma i “cost” sono certamente per i lavoratori, ma anche a coloro che sono impiegati in sigle ben più importanti, che hanno – o dovrebbero avere – nel proprio DNA il mutualismo e l’aiuto reciproco, come le cooperative di consumo.
Marcello Minelli RSU Filcams
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