Dopo un primo momento di soddisfazione per la salvaguardia dei posti di lavoro, è doveroso fare un approfondimento, per meglio comprendere come mai si è giunti ad una soluzione non indolore per clienti, soci e gli stessi dipendenti (spesso anch’essi soci e obbligazionisti) costretti a pagare per errori commessi da amministratori e dirigenti che definiamo come minimo “incapaci”.
La FISAC – CGIL da molto tempo sosteneva che l’Azienda stava smarrendo la sua vocazione di banca popolare al servizio del territorio. La mutata vocazione unita alla recessione degli ultimi anni, cui si è unita una scriteriata gestione creditizia, hanno condotto alla crisi irreversibile del nostro istituto.
Siamo così giunti al commissariamento, da noi ritenuto tardivo, e poi all’attuale vicenda dove per salvare il salvabile è stata adottata una soluzione mai sperimentata: oltre ai dipendenti, anche gli azionisti e i detentori di obbligazioni subordinate sono stati obbligati al sacrificio.
Se i vertici del nostro Istituto non avessero adottato una politica aziendale così spregiudicata, calcando fino all’ultimo la mano su certi strumenti finanziari e facendo continue pressioni sui colleghi pur di raggiungere il budget che gli garantiva premi aziendali cospicui, certi episodi ai quali purtroppo quotidianamente assistiamo all’interno delle nostre agenzie, non si sarebbero verificati. Tra l’altro capiamo la rabbia dei clienti ma è evidente che anche noi siamo vittime e parte lesa in questa vicenda.
Se i nostri amministratori e i dirigenti, loro braccio esecutore spesso pavidamente silente, non avessero avvallato operazioni creditizie sconsiderate, non avremmo dovuto assistere alla fine indecorosa della nostra Azienda.
Una cosa è certa: se venissero accertate responsabilità per dolo o colpa grave da parte di qualsiasi soggetto coinvolto nel tracollo del nostro Istituto, questi dovranno risponderne in prima battuta di fronte alla propria coscienza e subito dopo di fronte alla legge.
Una riflessione merita l’atteggiamento che in questa vicenda ha tenuto la politica che per lungo tempo si è astenuta dal prendere una posizione decisa e trasparente. Era chiaro a tutti che la situazione stava prendendo una piega preoccupante, ma è stato scelto di non intervenire, rimandando decisioni importanti come, per esempio, il recepimento delle direttive europee in materia di bail in, propedeutico ad affrontare i problemi delle banche commissariate.
Siamo infine arrivati agli ultimi giorni, in cui doveva essere trattato con la BCE il salvataggio delle quattro banche, ma era evidente che la forza contrattuale era molto bassa. L’opzione di salvare le 4 banche commissariate grazie all’intervento Fondo Interbancario di Tutela è stata bocciata dall’Europa, che ha confezionato una soluzione che conteneva una penale da pagare, una sorta di dazio per il lasciapassare al salvataggio degli Istituti. Da qui, il sacrificio degli azionisti e dei detentori di obbligazioni subordinate.
Se la politica avesse avuto il coraggio e la forza di assumere decisioni in tempi brevi, anche sfidando l’Europa, ora non faremmo i conti con soluzioni calate dall’alto, che inevitabilmente penalizzeranno un sistema creditizio già in forte sofferenza. Auspichiamo che la politica a questo punto si assuma delle responsabilità, e che in fase di attuazione parlamentare dei Decreti, sia posta particolare attenzione sui risparmiatori, con soluzioni che risultino meno dolorose di quelle ad oggi prospettate.
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