Un piano industriale di rilancio, la tutela dell’occupazione e un nuovo ruolo della banca sul territorio. Queste le priorità per Nuova Banca Etruria che hanno indicato stamani i dirigenti regionali e provinciali della Fisac Cgil.
Daniele Quiriconi, Segretario regionale del sindacato di categoria: “il nostro primo obiettivo è il rilancio della banca, un’infrastruttura importante per la provincia di Arezzo. Vogliamo evitare che la nuova proprietà abbia come unico scopo quello di accaparrarsi i rapporti con la clientela, i bacini di risparmio e le relazioni in territori ancora appetibili. Riteniamo centrale la difesa dell’occupazione e del corposo indotto che vive grazie ai dipendenti della banca. Siamo infine consapevoli di essere di fronte alla scommessa su un nuovo modo di fare banca avendo chiari obiettivi e progetti e sui quali pretendiamo di confrontarci nelle sedi opportune”.
Sulla vendita, la Fisac non ha preconcetti: “in blocco, disgiunta, in combinazione…. per noi non esistono pregiudizi – ha sottolineato Paolo Cecchi, della Segreteria regionale Fisac. Conta il merito del piano industriale, relativamente al quale vogliamo avere voce in capitolo nel rispetto del contratto nazionale di lavoro, anche con le proposte che siamo pronti ad avanzare alla nuova proprietà”.
La Fisac non è disponibile ad accettare un dibattito pubblico che verta esclusivamente sugli esuberi, mentre è un dato di fatto che uno dei temi dirimenti nei negoziati, in corso con più soggetti italiani e stranieri (bancari e di private equity), è quello relativo ai crediti a incaglio e a sofferenza, e al tipo di banca che si vuole costruire per il futuro.
“Le rappresentanze sindacali aziendali di Nuova Banca dell’Etruria spa, la Fisac e la Cgil – ha aggiunto Quiriconi – chiedono di fare presto e bene, senza vincolare necessariamente il processo di cessione alla scadenza del 30 settembre. E questo per concludere un corretto trasferimento della proprietà che abbia come fulcro la valorizzazione e la riqualificazione del personale, unico vero capitale spendibile della banca, nella prospettiva di un vero rilancio dell’azienda”.
Si tratta, quindi, di chiudere una pagina e aprirne un’altra totalmente nuova.
“Le misure draconiane imposte a Banca Etruria nella fase di emergenza hanno limitato fortemente la possibilità dell’azienda di erogare finanziamenti a famiglie ed imprese del territorio, riducendo il contributo al possibile rilancio di un’area in difficoltà – ha sottolineato Claudio Viti, Segretario provinciale Fisac. In questa fase di delicato passaggio è necessario che il processo, di cui comprendiamo il carattere di riservatezza ma di cui denunciamo non poche opacità, abbia al centro il progetto di un piano industriale in grado di aumentare i ricavi, di posizionare la banca nel sistema economico locale, di rilanciarne la missione, di riqualificare il personale in ottica di un nuovo modo di fare banca”.
La situazione dei dipendenti è stata sottolineata da Maria Agueci, responsabile Fisac in Nuova Banca Etruria: “i lavoratori hanno pagato negli ultimi mesi un prezzo molto pesante. Gli accordi di solidarietà hanno tagliato l’equivalente di una mensilità annuale di stipendio per la durata del triennio 2015/1017, comportato la fuoriuscita nel fondo esuberi, dal 2015 al 2019, di 256 dipendenti, da aggiungere ai 145 già confluiti nel 2012 sempre nel fondo esuberi. Nel 2010 i lavoratori del Gruppo Etruria erano 2.000, nel 2019 saranno circa 1.300. A costo zero per la collettività”.
Infine il Segretario provinciale della Cgil, Alessandro Mugnai, ha evidenziato il rapporto della banca con la comunità locale: “il territorio dove opera conosce una crisi ormai decennale, che non accenna ad attenuarsi, accompagnata da un periodo di gravi tensioni che hanno messo in discussione il rapporto fiduciario tra risparmiatori e sistema bancario. Una soluzione positiva la si deve ai lavoratori incolpevoli, sulle cui spalle continua a gravare il risultato di passate politiche industriali fallimentari, ma che sono pronti a continuare a dare il loro contributo per il rilancio dell’azienda, e per un nuovo modo di fare banca. Ma lo si deve anche alle centinaia di aziende dell’indotto, ed a un territorio che in tutti i settori ha pagato un prezzo importante alla crisi, con migliaia di licenziamenti, tanta cassa integrazione e un danno imponente ai risparmiatori e ai cittadini”.
La Cgil vuole quindi che “sia ricostruita la fiducia, la speranza, la coesione sociale, come garanzia di tutela dell’occupazione, di sviluppo e sostegno all’economia reale di famiglie e imprese”.
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