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L’EUROPA RINASCA SUL LAVORO, O SARÀ L’INZIO DELLA FINE

25 giugno 2016

“L’esito del referendum in Gran Bretagna è la certificazione del fallimento delle politiche economiche e sociali dell’Europa, che – nel vivo della crisi che si prolunga da ormai quasi un decennio – hanno prodotto il peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro, l’attacco al modello sociale europeo, l’aggravarsi del debito pubblico
nei paesi europei più in difficoltà, la crescita delle diseguaglianze e della povertà, l’aumento della disoccupazione (specie giovanile e femminile) a livelli che mai l’Europa aveva conosciuto”. Lo si legge nella diffusa ieri dalla Cgil.

Secondo il sindacato di corso d’Italia: “Proseguire in questa direzione porterebbe al definitivo divorzio tra i cittadini e l’Unione Europea. Le scelte che la Commissione e i governi devono compiere sono chiare e urgenti: cambiare i trattati e le politiche. E’ necessario puntare sulla lotta alle diseguaglianze, sulle politiche sociali, sul welfare, sugli investimenti pubblici per la crescita,sull’occupazione
stabile e di prospettiva legata a istruzione avanzata e formazione di qualità, sulla tutela dei diritti civili e del lavoro, sull’integrazione”.

“Anche per la Confederazione Europea dei Sindacati – conclude la Cgil –  siamo a un bivio: la Ces non può più rinviare la scelta di rilanciare la dimensione sociale dell’Europa, di pretendere il ritorno alla centralità del lavoro e del suo valore nel contesto europeo, di
insistere sul cambiamento delle politiche economiche e sociali sbagliate della Commissione europea, di chiedere la ripresa del progetto di integrazione europea all’insegna dei valori della solidarietà e della condivisione e non della concorrenza tra i lavoratori e del dumping sociale tra i diversi Stati.

BARBI (CGIL): L’EUROPA DEVE CAMBIARE SUBITO LE SUE POLITICHE

Per rispondere a questo clima di paura, “serve il rilancio della crescita economica e delle prospettive di benessere, l’aumento del lavoro, dei redditi, delle pensioni. Insomma, bisogna fare cose visibilmente e inconfutabilmente diverse da quelle fatte sinora. Come dice il sindacato europeo, ci vuole un piano di investimenti pubblici di migliaia di miliardi di euro nei prossimi anni. Se non si fa una
cosa di queste proporzioni, il processo di rottura dell’Unione sarà inarrestabile. I vari presidenti del Consiglio in questo momento hanno una responsabilità di fronte alla storia: devono cambiare la politica economica e non alludere, ammiccare, scrivere documenti ambigui. Ci
vuole una svolta, altrimenti la struttura non regge”. A dirlo è stato ieri mattina il segretario confederale della Cgil Danilo Barbi che ha commentato a caldo ai microfoni di RadioArticolo1 l’esito del referendum inglese.
La sintesi dell’intervista su Rassegna Sindacale:
http://www.rassegna.it/articoli/barbi-cgil-forte-rischio-referendum-anche-in-francia
L’Europa deve sapere reagire con un piano straordinario, deve avere il coraggio di abbandonare le politiche fallimentari. Altrimenti sarà il dilagare dei nazionalismi. “Anche la richiesta di referendum in Francia potrebbe diventare inarrestabile – spiega Barbi – anche a
Parigi, come a Londra, c’è una forte idea di nazione moderna e il problema è chiaramente già esploso in modo irreversibile: è fortissimo il messaggio che promette di tornare alla sovranità nazionale senza più dipendere dalla burocrazia di Bruxelles o dall’egemonia tedesca.
Non averlo capito prima è una responsabilità enorme delle classi dirigenti del resto d’Europa”.
“Colpisce anche l’enorme affluenza: in Inghilterra – commenta il dirigente sindacale – non ha mai votato così tanta gente credo dalle elezioni politiche del ’45”. Tornando alla campagna elettorale britannica, “negli ultimi venti giorni il fronte del Leave ha impugnato un argomento enorme per la storia dell’Inghilterra, cioè l’egemonia tedesca: il problema non era più l’Europa burocratica e
lontana, bensì l’egemonia di Berlino sconfitta nella seconda guerra mondiale. Questo argomento, a giudicare dalle prime analisi sui comportamenti elettorali, ha avuto un peso terribile soprattutto nell’Inghilterra profonda, nelle persone anziane e in una parte di proletariato autoctono”.
Un aspetto che “ha una sua forza – aggiunge – anche perché dice una verità, cioè che dentro la crisi c’è una egemonia della Germania sull’Europa, un vantaggio per la popolazione tedesca e uno svantaggio per tutto il resto della popolazione europea. Se usi questo argomento in un paese che è stato bombardato dalla Germania nella Seconda guerra
mondiale e che poi ha scritto le regole di Yalta insieme a Stalin e Roosevelt, è evidente che fai presa”.
L’effetto crisi ha avuto anche risvolti pratici. “In Inghilterra – ricorda Barbi – sono fallite tre banche poi nazionalizzate. Questo ha generato l’insicurezza drammaticamente aggravata dalla stupidità del neoliberismo che ancora governa le scelte europee. Ora bisogna capire
il senso di questo voto storico. Intanto è più facile che Trump vinca a novembre negli Stati Uniti. E ovviamente in Europa le cose cambieranno radicalmente, siamo di fronte a una chiamata della Storia con la s maiuscola, succederanno cose rilevantissime”.

Per riascoltare l’intervista a Danilo Barbi è disponibile il podcast
su Radio Articolo 1:
http://www.radioarticolo1.it/audio/2016/06/24/28743/brexit-europa-terremotata-parla-danilo-barbi-cgil

LA BREXIT SPIAZZA I GIORNALI. I COMMENTI DEL GIORNO DOPO

I quotidiani italiani che ieri sono rimasti totalmente spiazzati dal referendum inglese (molte importanti testate sono uscite con la vittoria del remain che era stata annunciata dagli exit poll, ma poi smentita dai voti reali), oggi abbondano di analisi, commenti, notizie di approfondimento sugli scenari che si aprono. Dominano lo sconcerto e l’incertezza. E domani si vota in Spagna. E’ complicato in questa sede rendere chiare le tendenze dei commentatori perché alcuni si preoccupano soprattutto dei risvolti economici e finanziari, altri temono l’effetto domino (altri paesi che si mettono sulla strada dell’uscita) e altri (ma sembrano per ora la minoranza) che mettono in
luce gli errori delle politiche europee e la relativa necessità di una svolta sociale. Tra le tante analisi e commenti, da citare l’intervista al ministro Pier Carlo Padoan sul Corriere della Sera:
“L’Unione così rischia, va cambiata e rilanciata” (Aldo Cazzullo, p.18). Su Repubblica parla David Serra (consigliere di Renzi): “Inglesi danneggiati, servono politiche comuni” (p.14). Sulle intenzioni tedesche di sfruttare l’occasione per ribadire e rafforzare l’egemonia di Berlino, interessante l’intervista a Norbert Rottgen,
presidente della Commissione esteri del Bundestag: “Berlino è pronta a fare da guida” (Repubblica, p.8). Sempre su Repubblica per Jacques Attali: “Questo è l’inizio della fine”. Per Tony Blair, per fermare i populisti serve una risposta al problema dei migranti. Sul Messaggero parla il ministro degli esteri Paolo Gentiloni: “Rinnovare contro
l’effetto domino” (p.13). Su La Stampa parla il presidente Martin Schulz: “Ora un’Europa a più velocità” (p.9). Sempre su La Stampa, per Enrico Letta, “Roma e Madrid sono nel mirino”, mentre Fabio Martini intervista Romano Prodi: Summit per rinascere, decisivo il vertice di Berlino (p.17). Prodi parla anche sul Mattino: “E colpa del rigore
tedesco, ora tocca a Renzi sfidarlo” (Nando Santonastaso, p-3). Gianni Pittella, sempre sul Mattino, parla di un bluff del premier britannico. Sull’Avvenire parla l’economista Jean Paul Fitoussi: “Adesso basta con il rigore” (p. 12). Sul manifesto, oltre all’editoriale di Marco Bascetta che analizza con lucidità la crescita dei nazionalismi, è interessante l’intervista allo storico John Dickie: “La working class che ha seguito il leave alla fine si
ritroverà beffata” (Leonardo Clausi, p.3). Tra gli altri editoriali da citare quello di Ezio Mauro su Repubblica: Il rancore degli esclusi e la politica che abdica. Quello di Prodi sul Messaggero: i britannici pagheranno il prezzo più oneroso.  Su La Stampa Mario Deaglio parla di rivolta dei poveri contro Londra (p.11). Sull’Unità il premier Matteo
Renzi spiega che è da ristrutturare l’Europa, che resta la nostra casa, mentre Sandro Gozi sostiene che l’Europa deve parlare al cuore dei cittadini. Sul Fatto Quotidiano da segnalare l’intervista a Yanis Varoufakis: “Rivolta dei deboli, anche l’Italia rischia il collasso” (Roberta Zunini, p.6).  Su molti giornali anche il preoccupato intervento dell’ex presidente Giorgio Napolitano (Corriere della Sera
e altri giornali). Quasi insanguinata la prima pagina del Sole 24 che pubblica le freccie rosse verso il basso delle Borse a Picco. Sul Corriere della Sera, intervistato da Enrico Marro parla il nuovo presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia: “L’Italia regge se è competitiva: salari legati alla produttività”.

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