Master, diplomi, stage, attestati, tirocini: giovani iper-formati per un lavoro che non c’è – LA CGIL DI AREZZO NE PARLA A L’INDRO. L’approfondimento quotidiano indipendente
(…)“Purtroppo“, ci spiega Mugnai “questi giovani vengono illusi e in buonissima parte sfruttati. Sfruttati da grandi marchi, aziende e professioni, sfruttati pure negli Enti Locali dove tirocinanti e stagisti vengono utilizzati persino a copertura o sostituzione di attività. Mano d’opera a gratis, e il punto non è tanto l‘argomento salario quanto la poca consistente preparazione o formazione riservata. Poi c’è il paradosso: più si è laureati e più si fa la fame, i compensi spesso sono da “paghette settimanali”. La passata possibilità di allargare il diritto alla laurea ha giustamente allargato l’offerta e in Italia questo fenomeno virtuoso ha, per assurdo, aumentato lo sfruttamento. Se sei laureato ‘figlio di’ bene, se sei laureato ‘figlio di operai’ invece l’argomento si fa molto duro. Una delle conseguenze più dirette di questa situazione è il precariato e la vera e propria mercificazione della forza lavoro. Il mancato ricambio generazionale all’interno delle aziende tra i lavoratori stabili, ha visto la ricerca da parte delle aziende, a mio avviso meno lungimiranti, la ricerca di collaborazioni in altre forme di lavoratori con profili alti: i nostri giovani laureati e alla ricerca disperata di lavorare! Inoltre è fuori discussione che le conseguenze sono negative sopratutto per il mercato del lavoro da anni sovrastato da regole col fine di rendere il sistema più competitivo col basso costo del lavoro e la possibilità di massimo sfruttamento, dove tra l’altro l’uso scorretto del sistema crea vera e propria concorrenza sleale. A questo se aggiungiamo il fenomeno dell’evasione fiscale“. “Proprio per quello che abbiamo detto prima“, ci dice Marusca Gaggi, “sono soprattutto i giovani laureati i soggetti più deboli al momento nel sistema del mercato del lavoro, giovani professionisti nelle ITC, nell’informazione e nel settore della cultura piuttosto che nello stesso settore della formazione professionale. Si tratta davvero di una situazione trasversale che non può essere ridotta a un solo settore ma uno stato dell’arte che vede moltissimi giovani aprire la partita IVA per poter lavorare, per potersi proporre ad un’Azienda. Il quinto stato! E una grossa fetta del popolo dei lavoratori italiani, che spesso vede il sindacato come un corpo intermedio che non si occupa di loro. In realtà è già da qualche anno che all’interno del nostro sindacato si è iniziato a parlare di lavoratori “senza aggettivi”, ma non è semplice né da una parte né dall’altra riuscire a superare i reciproci pregiudizi”. Per quanto riguarda gli stage, la Gaggi ha le idee molto chiare: “Se prendiamo la nostra esperienza regionale dobbiamo dire che lo stage interagisce con un sistema pure legislativo che rispetto ad altre regioni italiane può essere considerato “virtuoso” ma che questo sia sufficiente? A nostro avviso no. Lo abbiamo già dichiarato: per noi gli stage, in molti casi non in tutti inteso, sono dei veri e propri bluff. Perché si assiste allo sfruttamento della voglia di lavorare, di entrare in qualsiasi modo all’interno del mondo del lavoro, che dobbiamo far tornare ad essere un mondo e non un mercato. In molti casi lo stage, il tirocinio formativo è un’occasione per le aziende di avere personale praticamente a costo zero. (…)
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